Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 – Bologna 1666)
Sofonisba nuda morente
Olio su tela 97 x 79 cm
Eseguito nel 1630
Provenienza:
Roma, mercato antiquario
Expertise:
Denis Mahon (8 ottobre 1999)
Claudio Strinati (senza data)
Il soggetto si riferisce alla Morte di Sofonisba, una tragedia cantata fra gli altri dal Trissino e dall’Alfieri nelle loro opere letterarie. La vicenda narra che, Sofonisba, Figlia di Asdrubale, Re dei Cartaginesi e moglie di Siface, Re della Numidia, fu costretta a sposarsi con Massinissa e da questo consegnata a Scipione. Per non sentirsi bottino di guerra, la donna accettò orgogliosamente la morte, bevendo il veleno datole da Massinissa.
Iconograficamente la Regina appare in maniera differente rispetto all’altra versione dipinta dal Barbieri e conservata in questa stessa raccolta. Qui è ritratta a corpo nudo, avvolta parzialmente da drappi rossi e blu ed il pittore la coglie nel momento in cui la donna ha finito di bere il veleno. Mentre tiene l’altra mano sul ventre Sofonisba appoggia con noncuranza la coppa vuota, distogliendo lo sguardo: un estremo tentativo di repulsione oppure l’ultimo gesto di sfida verso Massinissa.
Le nudità vengono valorizzate dalla raffinata gestualità delle mani, che mettono in risalto l’impronta classicista dell’opera. I manti finemente decorati, la corona posta sul capo e l’acconciatura arricchita di perle ne accrescono invece la dignità regale.
Nonostante il ritratto non compaia direttamente nel registro contabile di Guercino, i massimi esperti in materia come Stephen Pepper e Denis Mahon (comunicazione scritta del 8 ottobre 1999), concordano nell’attribuzione al maestro centese, ipotizzando che si possa trattare della tela citata dal biografo Malvasia nella sua opera omnia sulla pittura bolognese Felsina Pittrice nell’anno 1630, sotto la dicitura “Una Sofonisba per il Panino” [1]
I Panini erano un’importante famiglia centese che fra il 1615 e il 1617 avevano ingaggiato il Guercino per la decorazione della loro villa. Il fatto che quest’opera non compaia nel libro contabile dell’artista può far ipotizzare che la relativa commessa e il saldo da parte dei Panini, fossero avvenuti prima del 1629, anno in cui il fratello dell’artista, Paolo Antonio Barbieri, anch’egli pittore e collaboratore presso la bottega, cominciò a registrare i pagamenti ricevuti.
Ma c’è un altro fattore che può aiutare a collocare cronologicamente l’opera: la brillante colorazione dei panneggi, in contrasto con la cupa teatralità resa dalla tenda scura calata come un sipario sulla vita della giovane regina.
A seguito dell’esperienza piacentina vissuta qualche anno prima, dove Guercino si ritrovò nella condizione, inusuale per lui, di dipingere a fresco, (una tecnica che non concedeva ripensamenti in corsa) l’artista fu costretto ad abbandonare “l’irruenta” pittura giovanile per maturare una concentrazione maggiore sulla singola figura attraverso la produzione di un numero sempre maggiore di disegni preparatori. [2]
Anche la posa, più meditata che in passato, assunse un significato cruciale all’interno della composizione, un elemento iconografico importante che aiutava a definire immediatamente il soggetto. Nelle opere di tematica mitologica o storica come in questo caso, le pose delle figure trasmettono un immediato senso di classicità. Guercino infatti ricercava la sintesi fra la forma plastica e il colore, senza voler rinunciare a tinte vigorose, come accade in questo dipinto dall’intenso contrasto fra il manto rosso decorato in oro e quello blu, che avvolgono il corpo nudo di Sofonisba. La fusione atmosferica dei corpi viene ridotta e la posa delle figure tende a subentrare al loro dinamismo.
Stephen Pepper ha accostato quest’opera ad un’altra tela più tarda del maestro centese: la “Cleopatra morente” oggi conservata a Genova, in Palazzo Rosso. Dipinta nel 1648, la composizione presenta parecchie similitudini con la “Sofonisba” qui analizzata: la posa del busto è la medesima così come il capo sofferente reclinato su un lato. Simile è anche il drappo rosso che incombe sopra il suo volto, che sembra un sipario calato sulla vita della Regina egiziana.
1 . C. C. Malvasia, Felsina Pittrice, Vite de’ pittori bolognesi, Bologna 1841 (Ristampa 2004), pag. 261
2 . L. Salerno, I dipinti del Guercino, Roma 1988, pag. 50

